Tra i miracoli del vino italiano c’è quello di aver trasformato la sua estrema frammentazione, le sue mille peculiarità legate ai diversi territori in una leva competitiva. Certo i campanili restano e ancora troppo episodica è la capacità di fare squadra, ma qualcosa sta cambiando.

È quello che è emerso oggi 10 aprile a Vinitaly nel corso della presentazione del lavoro effettuato da Wine Monitor di Nomisma per conto di Unicredit “Road to Vinitaly: la voce delle regioni del vino italiano”.

Una ricerca che rappresenta il secondo step del lavoro effettuato da Nomisma e Unicredit dopo la presentazione, nello scorso mese di ottobre dell’indice Agri4Index dedicato al rating della filiera vitivinicola italiana rispetto ai competitor europei.

Le nuove sfide del settore vitivinicolo

«Il settore vitivinicolo italiano – ha spiegato il Ceo di Unicredit Italia, Niccolò Ubertalli – si trova oggi ad affrontare nuove, e imprevedibili sfide, come testimoniato dagli imprenditori con cui ci siamo confrontati in 8 tavoli regionali in un percorso di avvicinamento al Vinitaly. Penso al contesto geopolitco, che ha prodotto un impatto per l’export di vino di oltre 400 milioni di euro per le imprese del nostro Paese, o all’impennata dei prezzi delle commodity. Per questo UniCredit ha deciso di intensificare il proprio sforzo a supporto del mondo del vino italiano che già oggi sosteniamo con impieghi per 900 milioni di euro. In questa logica rientra il plafond straordinario di 1 miliardo di euro da noi stanziato per aiutare le imprese agricole a far fronte alle crescenti spese correnti. Oltre a ciò, abbiamo elaborato soluzioni specifiche per il settore e per le singole realtà territoriali, come il programma “Basket Bond di filiera”, che ha portato UniCredit nei mesi scorsi a sottoscrivere, come prima tranche di un piano da 200 milioni di euro, obbligazioni emesse da imprese vitivinicole».

Regioni a confronto

Il lavoro è stato illustrato dal responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini. «Lo studio che abbiamo realizzato sulle regioni italiane del vino – ha spiegato Pantini – ha messo in luce le diversità e specificità che connotano i modelli produttivi a livello territoriale ma che si trovano oggi ad affrontare un medesimo scenario di mercato, sempre più complicato e dominato da numerose incertezze. Uno scenario che richiede maggiori competenze, cambi nella cultura aziendale delle imprese e soprattutto nuovi strumenti a supporto dei produttori per affrontare questi cambiamenti».

L’analisi di oltre 60 indicatori (produttivi, strutturali, economici e di mercato) necessari alla formulazione dello scoring, ha messo in luce vocazione e specificità delle regioni vinicole italiane che rappresentano un patrimonio di valori socio-economici in grado di generare benessere per le comunità locali e nello stesso tempo rappresentare fattori di competitività e distintività nel mercato globale.

Veneto al top

A valle della ricerca è emerso come, rispetto ad uno scoring di competitività della filiera vitivinicola italiana che nella media è risultato pari a 68, 6 regioni si sono posizionate al di sopra di tale media: Veneto (89), Toscana e Trentino Alto Adige (77), Piemonte (72), Sicilia (69) ed Emilia Romagna (68, valore analogo alla media nazionale).

Più nel dettaglio si può rilevare che, se il Veneto primeggia nelle dimensioni strutturali e produttive (prima regione per estensione del vigneto, produzione di vino, numero di viticoltori) oltre che nel contributo al fatturato complessivo del settore (36%), la Toscana presenta la percentuale di valore aggiunto su fatturato più alta (31%) tra le regioni, indicatore che esprime una maggior integrazione verticale delle imprese vinicole (produzione sia di uva che di vino).

Ancora, rispetto ai modelli imprenditoriali ed organizzativi, l’Emilia Romagna esprime il fatturato medio per cooperativa vinicola più elevato (circa 37 milioni di euro per cooperativa) mentre va alle Marche il primato per le aziende viticole specializzate con l’estensione media più rilevante (17 ettari di vigneto) e restando in ambito agricolo, Veneto e Liguria rappresentano invece le regioni con l’incidenza più alta di aziende viticole condotte da giovani (rispettivamente 17% e 13% del totale).

Zaia: «Giro d’affari di 2,5 miliardi di euro»

«Il Veneto si trova in testa a questa classifica non a caso – ha commentato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia -. Siamo i primi produttori e i primi esportatori. Le vendite all’estero di Prosecco e degli altri vini veneti mettono insieme un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro. Se fossimo una nazione saremmo il quarto esportatore mondiale alle spalle di Francia, Italia, Spagna e prima dell’Australia. Un risultato straordinario che dobbiamo puntellare adesso con una migliore gestione dell’offerta a cominciare proprio dal Prosecco».

«Noi veniamo molto dopo – ha commentato il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini – ma stiamo effettuando un grande lavoro che ci sta consentendo di dirottare parte del nostro consistente flusso turistico della costa anche nelle aree interne. E lo stiamo facendo grazie alla motorvalley alla food valley e all’enoturismo. E il risultato di questo lavoro è che le presenze turistiche complessive fino a prima della pandemia, sono aumentate».

Tratto da https://www.ilsole24ore.com/art/vinitaly-veneto-all-emilia-romagna-regioni-italiane-top-AEEPg6QB

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